ASPETTANDO GODOT

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Anno: 2010


di Samuel Beckett
con Antonio SalinesLuciano VirgilioEdoardo SiravoEnrico BonaveraMichele Di Girolamo
Scene Francesco Bottai
Costumi Lorenzo Cutùli
Regia di Maurizio Scaparro

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Scritto da Samuel Beckett tra la fine del 1948 e l’inizio del ’49, En attendant Godot, nelle parole di Jean Anouilh “un capolavoro che provocherà disperazione negli uomini in generale e in quelli di teatro in particolare”, fu considerato da molti una provocazione, un trucco, prima di essere universalmente accettato come opera d’eccezione. I due vagabondi protagonisti dell’opera, Vladimiro/Didi e Estragone/Gogo, sono diventati l’emblema della condizione dell’uomo del Novecento, essere in eterna attesa, vagante verso la morte, punto minuscolo nella vastità di un cosmo ostile, segnato fin dalla nascita (“partoriscono a cavallo di una tomba, il giorno splende un istante, ed è subito notte”, dice Pozzo).

Beckett è certamente tra i primi nel Novecento a intuire che, nel mondo attuale, lo spazio per la tragedia si è fatto minimo, entra di nascosto, quasi sotto il velo del gioco, usa toni leggeri e punta talvolta anche al riso.
Mi piace ricordare che per più di cinquanta anni Beckett aveva vissuto nel quartiere operaio di Montparnasse (e dal ’40 al ’45 ha avuto un ruolo attivo nella resistenza francese). I suoi compagni d’avventura in quel periodo erano stati, tra gli altri, anzitutto James Joyce, (l’ironia del linguaggio di Beckett nasce anche da questo incontro), Giacometti e Buster Keaton.

Nicola Chiaromonte notava che il fascino dei due atti di Beckett sta nella precisione con cui sono unite due situazioni ugualmente familiari per l’Homo Europeus: la difficoltà di credere nella sensatezza dei gesti quotidiani e la parallela difficoltà di credere nell’avvenire collettivo, “lo sconforto di Didi e Gogo è contagioso, ognuno se ne difenda come può, ma non si dimentichi che comunque è anche un gioco” anche nel senso teatrale di jouer.

Così quelle creature deboli e immortali come Estragone e Vladimiro (e come Pozzo e Lucky), vivono in una terra desolata aspettando Godot, che non arriverà mai, vivono in un lontano e vicino (a loro e a noi) ‘900 nel ricordo romantico di una Tour Eiffel che resiste come immagine e nell’aridità di un presente che esclude loro e quelli che vorrebbero cantare, ballare, parlare, vivere. Beckett ce lo ricorda (capita qualche volta per i grandi classici) e lo fa con profonda drammaticità e spesso con sorprendente ironia.

Mi conforta di avere avuto in palcoscenico attori che stimo profondamente come Antonio Salines, Luciano Virgilio, Edoardo Siravo ed Enrico Bonavera, ma vorrei anche, alla fine delle prove, poter idealmente dedicare questa nostra fatica all’Europa della Cultura, la grande dimenticata dell’Europa che viviamo; e a quelle parole che Beckett sussurra quasi per caso come “teatro”, varietà” “circo”.>

Maurizio Scaparro

TEATRO CARCANO

Corso di Porta Romana, 63 Milano

'.02 55181362

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